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Fare (cultura) Digitale

Quando mi chiedono che lavoro faccio, lo ammetto mi viene sempre in mente la scena del film Ecce Bombo di Nanni Moretti, quella per capirci di “Faccio cose, vedo gente”. Mi viene in mente anche il titolo di un libro di Jaques Seguela “Non dite a mia madre che faccio il pubblicitario, lei mi crede pianista in un bordello”. Insomma tutto questo pistolotto per dire in sostanza che siamo in un mondo diverso.

Diverso soprattutto da quello dei nostri genitori, zii e nonni. Perché vedete quello era il mondo in cui per lo più se chiedevate a qualcuno “ma tu che lavoro fai?” era tutto sommato facile rispondere. Era probabile che ti saresti sentito rispondere cose tipo: l’avvocato, il dottore, l’ingegnere o qualcosa di più manuale, il falegname, l’idraulico.

Oggi le cose vanno in modo diverso.

Per esempio nel mondo delle attività digitali i mestieri sono davvero diversi e dai nomi direi piuttosto esotici.

Prima del covid una delle cose che amavo molto del mio lavoro era la possibilità di incontrare davvero tante persone diverse e potermi arrichire delle loro visioni, esperienze e passioni. Mi piaceva molto anche partecipare a quel bel rito sociale che è lo scambio dei biglietti da visita.

Se come dicevo poco sopra, un tempo nel mondo aziendale avreste letto biglietti da visita con stampati ruoli da direttore vendite, direttore marketing, responsabile di questa o quest’altra cosa, oggi ci troviamo di fronte ad un florilegio di brand evangelist, social media strategist, digital enterpreneur e chi più ne ha, più ne metta.

Va bene, ho un po’ calcato la mano, ma con un intento chiaro.

Siamo sbarcati nell’era delle 3 C: Complessità, Competizione e Crisi.

Siamo anche nell’era in cui il web, internet e il digitale (che spesso usiamo come sinonimi, ma non lo sono) hanno decisamente stravolto molte regole del gioco. I concetti di tempo e spazio hanno un sapore e una consistenza molto diverse dal tempo del business basato sulla realtà fisica e sulla comunicazione tipica dei media tradizionali.

Un altro fattore destabilizzante è la velocità del cambiamento.

Solo 10 anni fa il web marketing era una novità e professionalmente chi se ne occupava aveva uno sguardo a 360 gradi su tutta la materia.

Oggi i “mestieri” del web sono praticamente innumerevoli e se volessimo fare le cose come da manuale (e di manuali ne trovate cosi tanti su Amazon che la biblioteca nazionale non basterebbe a contenerne la metà) per fare un sito a regola d’arte ci vorrebe uno stuolo di professionisti che nemmeno la corte di un faraone. Poi però spunta sempre il cuGGino di turno, smanettone e arraffone che a prezzi modici(!!!) ti sistema tutto.

Ecco, a tutto questo e a molto altro ho pensato quando Gabriele Granato mi ha raccontato che nella sua fervida immaginazione si stava facendo largo l’idea di FARE DIGITALE.

Nel mio mestiere di Marketing Coach mi trovo di fronte due tipi di interlocutori.

Aziende, manager e professionisti da una parte e giovani e meno giovani che vogliono intraprendere una carriera nel mondo del business, del marketing e dell’aiuto alle imprese dall’altra.

Due mondi diversi certo, ma con in comune un grande problema.

CAPIRE

Sì capire! Capire come approcciarsi al più grande mistero dopo il big bang: il web per il business.

Lo scenario non è affatto banale.

Penso ad un collega (Marco Baroni) che si occupa di Hotellerie in un suo brillante lungo post usava una bellissima metafora. Si chiedeva se un albergatore avesse mai pensato nel suo tempo libero di occuparsi della manutenzione degli ascensori, cosa che in effetti pare piuttosto improbabile, si chiedeva allora come è possibile che invece talvolta possa capitare che lo stesso imprenditore riesca ad immaginare di gestire per esempio la sua presenza in rete magari nel suo (sicuramente risicato) tempo libero.

Allo stesso modo vedo orde di aspiranti professionisti del web marketing che si sentono novelli Chiara Ferragni o dalla strategia all’ultimo grido di Vanity strategist alla rincorsa selvaggia di un like o di una reaction come se non ci fosse un domani.

Quindi quando ho cominciato a ragionare su FARE DIGITALE mi è sembrato che questo è un ruolo al quale dovrebbe assolvere.

FARE CULTURA DIGITALE

Impegnarsi per colmare quel digital divide che separa chi da anni si impegna professionalmente e con rigore e investimenti e lacrime e sudore, da chi questo mondo non lo conosce per tanti e ovvi motivi. Raccontandone la realtà oltre gli stereotipi, oltre le barricate e i pregiudizi e certamente – in qualche caso – persino la malafede.

C’è davvero tanto da fare, ma come diceva Confucio (che però non era confucio per niente) anche il viaggio più lungo comincia con il primo passo, e questo passo potrebbe proprio essere quello di aiutarci a dare vita a Fare Digitale.

Mi chiamo Monizzi... @ntonio Monizzi, come insegna il manuale di James Bond. Anni fa leggendo Dale Carnagie "Come trattare gli altri e farseli amici" ho capito che nella vita volevo occuparmi di Comunicazione & Relazioni efficaci. La mia missione è ispirare altri a imparare più, a fare di più rendendo i propri sogni progetti concreti. Il mio motto è #vincechiimpara

antonio.monizzi@gmail.com