
Stefano Quintarelli – Capitalismo immateriale
Leggere il tempo digitale, un ciclo di incontri per indagare e comprendere le dinamiche della società al tempo del digitale, individuare cambiamenti in corso e, perché no, immaginare futuri sostenibili. Queste sono le parole con cui Gabriele Granato – che è l’ideatore e presidente di Fare Digitale – ha introdotto il primo incontro in cui l’ospite è stato un pioniere del web in Italia: Stefano Quintarelli.
Certo la definizione di pioniere del web è riduttiva, molto altro ci sarebbe da dire su di lui, ma per questo vi invitiamo a googlare per scoprire quanto ampio è il suo arco di interessi e di competenze.
Insomma per “Leggere il tempo digitale” non potevamo immaginare un inizio più adeguato.
“Leggere” peraltro non è un verbo casuale, perché queste chiacchierate trovano il loro innesco proprio in un libro scritto dall’ospite di turno e nel caso specifico si tratta di Capitalismo immateriale: Le tecnologie digitali e il nuovo conflitto sociale.
Internet è una dimensione dell’esistenza in cui viviamo relazioni sociali ed attività economiche, una dimensione immateriale.
Mondo reale e mondo virtuale non sono mondi separati, convivono. Tutto accade a noi, sia alle cose fisiche che non fisiche, nelle relazioni, nella mondo del lavoro, nella vita… che è cambiata, trasformata. Per farcelo capire Quintarelli fa un esempio tanto semplice quanto illuminante.
Una volta, ci dice, dovevo uscire per andare a comprare l’abbonamento del treno che consisteva in un supporto cartaceo.
Ora le cose stanno diversamente, oggi l’abbonamento non è più un supporto fisico, ma sta, magari, in una app.
Però non è virtuale.
Virtuale deriva da virtualis (virtù), qualcosa di simulato, in potenza. Allora è più corretto parlare di immateriale, contrapposto a qualcosa di materiale, fisico, ma in ogni modo reale. Ci troviamo di fronte a quella che il professor Floridi chiama Infosfera (la globalità dello spazio delle informazioni) ora possiamo guardarla dell’esterno o viverla dall’interno, lavorarci dentro. La dimensione immateriale è diventata la principale interfaccia utente nelle relazioni socio-economiche celle persone, qualunque cosa facciamo. Non ci sono più i vincoli della dimensione reale, ma bisogna apprendere delle nuove regole, delle nuove dinamiche, non si può immaginare di giocare con quelle del passato. Si è pensato che questo abbattesse barriere e portasse la competizione libera e diffusa come sintetizzato nel motto “competition is a click away”.
Ma non è andata proprio cosi.
Oggi ci troviamo di fronte ad uno scenario di oligopolisti e monopolisti, pochi potenti attori che dominano il mercato.
Non si è pensato a delle regole che permettessero di avere un livello di competizione diffuso.
Ed ancora oggi ci si pone di fronte al paradigma digitale come un’opportunità, quindi come qualcosa che bisognerà in un futuro realizzare (dando sostanza appunto al motto “competition is a click away) e non come la realtà con cui ci dobbiamo confrontare oggi.
Ascoltando ancora Quintarelli si comprende che parte del problema è culturale, politico anche, si pensi ad esempio alla scarsissima presenza in parlamento di persone con un livello di competenza relativo al mondo digitale assai lacunoso. C’è una sottovalutazione di quella che potremmo chiamare cultura tecnica.
La digitalizzazione ha conferito un enorme potere all’utente finale sottraendolo al fornitore, certo. Ma gli intermediari hanno eroso significativamente la remunerazione dei fornitori, trattenendo una quota parte assai significativa di quel guadagno.
Qui Stefano Quintarelli pone un interrogativo essenziale:
come se ne viene fuori?
In primis, dice lui, rendendoci conto che c’è un problema e poi, come successo nell’era della prima industrializzazione, definendo delle regole.
Bisogna lavorare per ritrovare un equilibrio economico che si redistribuisca in modo più equo lungo la catena del valore ( l’insieme delle azioni operate da un’organizzazione per la realizzazione di servizi o prodotti con l’obiettivo di creare valore sia per il mercato che per l’organizzazione stessa). In sostanza c’è bisogno di regole.
Questo probabilmente genererà conflitti, ma non è pensabile un mondo di competizione selvaggia.
Ma a questo punto su una suggestione di Gabriele Granato il dialogo si sposta su di un fattore che ha inciso prima sulla rivoluzione industriale e oggi, in modo diverso, sulla nostra realtà attuale: il Tempo.
Anche qui Quintarelli evidenzia la necessità di ragionare sulle regole del gioco tra norma e buon senso. Il senso è che dobbiamo aumentare la domanda di politiche digitali.
C’è bisogno di dar vita ad una nuova generazione che entri nei luoghi di potere.
Abbiamo scoperto un intellettuale colto, ironico, critico certo ma anche decisamente ottimista di un uomo “Innamorato del futuro” per dirla con le sue stesse parole. Un confronto suggestivo e articolato pieno di indicazioni utili per orientarci in questo ancora troppo selvaggio cyber mondo.
La domanda del coniglio
La chiusura di questa chiacchierata (e di tutte quelle che verrano) è caratterizzata dalla domanda del coniglio, ispirata, appunto, dal coniglio di compagnia che Gabriele stesso ospita a casa da qualche tempo. Questo coniglio ha uno sguardo sognante rivolto all’infinito, colmo di speranza.
Se tu potessi fare una sola cosa in un qualsiasi settore con la certezza che quella cosa venisse fatta al 100% proprio come tu la immagini, quale cosa faresti?
La risposta di Stefano Quintarelli è stata:
“Aggiornerei la dichiarazione (universale) dei diritti dell’uomo introducendo dei diritti digitali.”