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La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà

Quando si parla di digitalizzazione di solito emergono immediatamente i lati positivi, che sono di vario genere e che senza dubbio contribuiscono a rendere migliori molti servizi e più facili alcuni aspetti della nostra vita.

Anche per il diritto e per la giustizia si prospettano cambiamenti radicali, pensiamo alla possibilità di realizzare smart contract, i cosiddetti contratti intelligenti che adottano la tecnologia blockchain, o di realizzare una giustizia digitale che offra velocità di accesso, riduzione dei costi, velocità ed efficienza. Spingendosi quasi alle soglie di una giustizia predittiva, quasi post-umana, senza corti e senza giuristi, capace di prevedere i risultati e di superare i limiti e le storture della giustizia umana.
In questo modo emerge l’anima efficientistica della digitalizzazione.

La giustizia digitale

D’altra parte mentre ci immergiamo in questo incredibile mondo di nuove possibilità offerte dalla digitalizzazione, sembra venire meno la nostra possibilità di fare domande, di interrogarci sul significato complessivo dei cambiamebti introdotti dell’innovazione tecnologica.

Per analizzare attentamente l’entità del cambiamento e le ambivalenze che spesso nasconde, occorre tuttavia avventurarsi dietro le quinte del grande teatro digitale. Solo così si possono scoprire i fili che muovono i dispositivi della cosiddetta legaltech, cioè dell’utilizzo delle tecnologie informatiche in vari tipi di servizi legali, e i cambiamenti invisibili che evolvono dietro le tante novità generate dal digitale.

Su questo filo sottile tra le valenze positive della legaltech e i nascosti risvolti problematici della transizione digitale in corso, che si svolge gran parte del libro “La giustizia digitale. Determinismo tecnologico e libertà” edito da Il Mulino di Antoine Garapon, magistrato e segretario generale dell’Institut des Hautes Etudes sur la Justice, e Jean Lassègue, filosofo ed epistemologo, ricercatore al CNRS e direttore del Laboratoire d’Informatique et d’Automatique pour les Systèmes (LIAS) di Parigi.

La rivoluzione digitale è una rivoluzione grafica legata alla comparsa di una nuova forma di scrittura.

Lontani da un atteggiamento di estasi, e senza tuttavia cadere in un rifiuto pregiudiziale, gli autori analizzano e dipanano la digitalizzazione della giustizia nei suoi vari risvolti, non mancando di riconoscere i tanti vantaggi che la digitalizzazione apporta al mondo e alla sfera giuridica e sottolineano l’esigenza di preservarli dai conati conservatori e dai riflessi corporativi delle professioni giuridiche. Tuttavia la loro indagine è soprattutto una severa e precisa disamina di come la digitalizzazione modifica il senso e i registri delle nostre istituzioni, soprattutto della giustizia.

Molto interessante è il tema che riguarda di come la digitalizzazione stia mutando le condizioni spazio / temporali del processo, svuotando o manipolando, spesso in maniera impercettibile, il tessuto di esperienze che esso conteneva. Nel processo digitale, la rigidità e il flusso della tecnica cancellano gli aspetti umani dei gesti, le esitazioni, quei ripensamenti che rendono più ricco e articolato il tessuto della giustizia. In altre parole, la giustizia digitale ha percorsi differenti per raggiungere la verità basandosi soprattutto sul calcolo e indifferenti a qualsiasi altra motivazione.

La domanda che quindi gli autori si pongono e che tutti coloro che devono decidere le nuove traiettorie della giustizia digitale devono trovare risposta è:

fino a che punto è possibile delegare a dispositivi informatici – che non prevedono sfumature umane – la rielaborazione della giustizia digitale?

Editore: Il Mulino
Collana: Saggi
Anno edizione: 2021
In commercio dal: 25 febbraio 2021
Tipo: Libro universitario
Pagine: 264 p., Brossura
EAN: 9788815291332

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