Una nuova Scuola
La Scuola di oggi non è adeguata alla società in cui tutti noi viviamo, forse è più corretto dire che ne è una concausa.
Troppo forte come affermazione? Allora per adesso limitiamoci a dire che la scuola non è in grado di incidere sulla società per modificarla e migliorarla. Perché?
Innanzitutto, per avviare un processo di miglioramento si dovrebbe essere consci che qualcosa non va, ma nella Scuola tutto va bene, tanto è vero che molti insegnanti e dirigenti continuano a fare lo stesso mestiere che facevano trent’anni or sono.
Ma in trent’anni quanta acqua è passata sotto i ponti.
Negli ultimi decenni abbiamo assistito a tantissimi cambiamenti – e anche a qualche rivoluzione (sociale, produttiva, economica…) – ma la Scuola è sempre lì, uguale a sé stessa, incapace di prendere atto delle proprie criticità, quindi priva di qualsiasi buon motivo per innovarsi.
Eppure una Scuola nuova è possibile, ed in tanti stanno provando ad essere parte attiva del cambiamento.
Pur essendo il cambiamento legato a tanti fattori che dovrebbero attivarsi contemporaneamente:
- Reclutamento di docenti e dirigenti: le ultime “infornate” di insegnanti sono stracolme di mancati avvocati e commercialisti alla ricerca di uno stipendio “poco, maledetto, ma subito e per sempre”; nulla sanno di didattica ed, essendo soddisfatti del loro nuovo impiego fisso, non hanno nessuna intenzione di acquisire livelli professionali decenti. E i dirigenti? Beh, laddove la loro principale occupazione è quella di stare tranquilli e con le carte a posto, capite bene che ogni sforzo innovativo va a farsi benedire.
Insomma, l’innovazione si fa con le persone, ma se le persone non vogliono innovare è dura assai.
- Mi addolora dirlo, ma in tutto questo i sindacati hanno una buona parte di responsabilità, nel momento in cui, troppo spesso ancorati a inutili se non dannosi totem ideologici, si preoccupano di gonfiare anacronisticamente le contrapposizioni tra chi dovrebbe remare nella stessa direzione (dirigenti e docenti, per esempio), di salvaguardare gli impresentabili, e addirittura nelle ultime settimane i no-vax.
- Naturalmente l’arretratezza delle infrastrutture digitali rende tutto molto più difficile: come si può impostare una sana e corretta transizione digitale se la rete (connessione, stabilità, velocità…) impedisce – per esempio – a studenti e docenti di lavorare tutti assieme in una classe, o a una famiglia con più figli di farli lavorare in rete in contemporanea?
- Vogliamo poi parlare della classe dirigente e politica? È in questo senso e riferendomi anche ad essa, che io prima parlavo della Scuola come concausa dei guai odierni: chi oggi occupa poltrone di altissima responsabilità senza avere arte né parte, o pur avendo titoli accademici mostra enormi limiti “funzionali” e culturali, è il frutto bacato della Scuola degli ultimi trenta o quarant’anni, che evidentemente aveva problemi da tanto tempo.
Chiariamoci su un punto molto dibattuto oggi, la DAD non è la negazione della Scuola, se ben progettata ed implementata; anche se questa Didattica a Distanza – quella dell’ultimo anno e mezzo – è stata certamente fallimentare.
Lo ripeto a scanso di equivoci: le buone pratiche, le avanguardie educative, le Scuole modello anche in DAD, i dirigenti e i docenti illuminati esistono ed esisteranno sempre, ma fino a quando rappresenteranno l’eccezione (o comunque la minoranza) continueremo a girare attorno al problema senza riuscire minimamente ad intaccarlo.
La soluzione?
Quel che certamente serve e servirà sempre è saper partire dalle giuste azioni di alfabetizzazione digitale, fino a favorire finalmente la crescita di quella cultura digitale che dalle parti nostre è ancora un gracile germoglio.