
Dall’economia fordista a quella digitale
Il fordismo è un’idea per organizzare la produzione di massa di beni o servizi (B. Settis, Fordismi, Il Mulino, Bologna, 2016).
Da questa definizione, alquanto banale, ne discendono una serie di considerazioni. Per esempio il fordismo non è un modo di produzione, non è un fattore materiale, ma un sistema logico per risolvere il problema della produzione di massa. Tale modo di organizzare la produzione, non ha plasmato solo la fabbrica, ma l’interno mondo nel quale siamo vissuti fino all’altro ieri. Infatti, lo stesso problema lo si è dovuto risolvere non solo a livello economico, ma anche a livello sociale. Che cos’è una città (qui sono i cittadini che vivono concentrati in un punto preciso) se non una macchina per ridurre i costi di trasporto e di comunicazione? Che cosa sono gli ospedali (qui sono i malati ad essere concentrati in un unico edificio) se non una fabbrica fordista della salute? Nell’una e nell’altra ci sono i reparti. E infine che cosa sono le scuole se non delle fabbriche fordiste dell’istruzione?
Tutto ciò vuol dire che la necessità di ridurre costi di trasporto e di comunicazione non ha plasmato solo la fabbrica fordista, ma una intera società, l’una funzionale all’altra.
È evidente che i costi di produzione, e quindi la struttura produttiva di un paese, sono il prodotto dell’evoluzione tecnologica e quindi scientifica e quindi intellettuale di quel dato paese. Ciò vuol dire che, l’avanzamento scientifico e tecnologico, modificando le logiche dei costi di produzione, impone anche un diverso modellamento degli assetti produttivi. La globalizzazione economica alla quale abbiamo assistito non è altro che l’esplosione, grazie all’avvento di particolari tecnologie che l’hanno reso possibile, della catena di montaggio di “Tempi Moderni” di Charlie Chaplin e il disseminarsi su scala globale delle varie fasi della produzione, che si sono andate a collocare là dove maggiori erano i vantaggi competitivi, come definiti da Michael Porter.
Così le fasi della produzione a più alto contenuto di conoscenza si sono andate a collocare accanto (giusto per fare qualche esempio) alle grandi università americane, le fasi ad alto contenuto di manodopera sono andate in Cina, mentre il design in paesi a più forte tradizione in questo settore, come è il caso dell’Italia, basti pensare a Pininfarina o Ettore Sottsass.
L'economia Digitale
Eppure mentre l’idea fordista della produzione si andava disseminando a livello globale tanto da formare una catena di montaggio planetaria, i progressi della tecnica (frutto essi stessi di quel modello) hanno prodotto una profonda innovazione tanto da modificare alcuni elementi di quel modello, tanto da renderlo inefficiente e scricchiolante.
Questo significa che le logiche che plasmano la produzione oggi non sono più quelle fordiste, sono anzi di tipo post-fordista, o più correttamente, sono le logiche proprie del “capitalismo immateriale” di Quintarelli o “capitalismo digitale” di Srnicek o dell’economia creativa. Così al posto della produzione di massa, fatta in mega fabbriche lungo catene di montaggio, ora abbiamo una produzione di massa personalizzata, grazie all’Internet of Things, ai Big Data, all’Intelligenza artificiale, al Cloud (J. Kaplan, Intelligenza artificiale) e ai robot.
Infatti, grazie al progresso tecnologico, si sono ridotti in maniera straordinaria i costi di trasporto e di comunicazione, facendo perdere di senso non solo alla produzione di tipo fordista (la mega fabbrica) ma anche al principio taylorista della parcellizzazione della produzione (catena di montaggio).
Per fare qualche esempio, nella dimensione materiale del mondo produrre costa (per produrre qualsiasi cosa si ha bisogno di materie prime, energia, lavoro e capitali); anche nella dimensione immateriale produrre costa, ma molto meno. Nella produzione materiale riprodurre ha costi simili al produrre quel bene per la prima volta; nella dimensione immateriale riprodurre un bene non costa nulla: una volta prodotto un libro in formato digitale, riprodurlo costa zero. Nella dimensione materiale archiviare o immagazzinare ha un costo; nella dimensione immateriale ha costi infinitamente più bassi. Nella dimensione materiale trasferire un bene ha un costo,; nella dimensione immateriale trasferire un bene digitale non ha alcun costo.re di senso non solo alla produzione di tipo fordista (la mega fabbrica) ma anche al principio taylorista della parcellizzazione della produzione (catena di montaggio). E così via.
Altra aspetto molto importante: nella dimensione materiale, i beni sono disconnessi; al contrario nella dimensione immateriale tutto è interconnesso.
La globalizzazione Digitale
Ora, con l’avvento della nuova economia che ha logiche diverse rispetto al passato perché si basa su robotizzazione, Intellingenza Artificiale, Big Data e Cloud la globalizzazione fordista è destinata a cambiare e con essa la divisione internazionale del lavoro. L’automazione delle attività produttive apre però una nuova fase della globalizzazione. Di fatto, la globalizzazione che abbiamo conosciuto ha, come si è detto, portato alla diffusione delle fasi fordiste della produzione a livello globale, ma non ha innovato dal punto di vista tecnologico. Il che sta accadendo ora, con il superamento di fatto della catena di montaggio e delle logiche fordiste.
Dunque, se nel corso della globalizzazione fordista lo sviluppo tecnologico, riducendo i costi di trasporto e di comunicazione, ha prodotto lo spostamento di interi settori dai paesi sviluppati ai paesi in via sviluppo, oggi grazie ad una nuova forma di globalizzazione quelle attività potrebbero ritornare in patria attratte dalla produzione di maggiore materia grigia, di maggiori investimenti in ricerca e sviluppo, e in una maggiore qualità nella produzione di servizi ad alto contenuto di conoscenza.
Diventa allora necessario riflettere sul futuro e in primo luogo sul futuro del lavoro in relazione agli sviluppi della tecnica e in particolare dell’intelligenza artificiale, tenendo presente che è vero quanto scrivono Erik Brynjolfsson, Andrew McAfee e cioè che:
“i computer e le altre innovazioni digitali stanno facendo per la nostra forza mentale, per la nostra capacità di usare il nostro cervello affinché capisca e influenzi il nostro ambiente, quello che la macchina a vapore e i suoi epigoni fecero per la forza muscolare”.
(Articolo estratto dal libro “Dalla società fordista alla società digitale” a cura di Nunziante Mastrolia edito da Licosia)