
La scuola come comunità digitale
Ci credete alle coincidenze? A quei momenti in cui qualcosa ti chiama e chiede che tu sia nella giusta frequenza per poter ascoltare e accogliere quella richiesta? Ecco, oggi è successo a me.
Il numero 8 di agosto 2020 di Amministrare la Scuola mi ha chiamata, o viceversa, chissà. Era in uno scaffale, lasciato lì ad aspettare, chissà cosa o chissà chi. Ed eccomi, l’ho ascoltato. In questo periodo di grande transizione della Scuola, come Comunità, che, un piccolo passo alla volta, si sta aprendo al fantastico mondo del Digitale, ognuno di noi è chiamato ad ascoltare e farsi voce di quello che può essere un soffio o un grande vento di rinnovamento.
Come diceva il mio Professore di Greco, Rocco Labellarte, quando traducevamo le versioni: “il però non c’è scritto, ma si sente nell’aria.”
Ebbene, la voglia di fare quel passo in avanti per gestire al meglio tutte le possibilità che il digitale può offrire è nell’aria. Aleggia tra i ragazzi, si sente soffiare tra gli addetti ai lavori che smaniano di poter portare ciò che hanno appreso, in anni di lavoro sul campo, all’interno di aule che chiedono rinnovamento, ma soprattutto nello spirito e quindi anche nella forma.
Ma torniamo all’articolo che più di tutti ha catturato la mia attenzione: “Le classi 2.0 e il nuovo assetto dell’aula virtuale” scritto da Andrea Leonzio.
Credo che sia un articolo ben calibrato, che propone una serie di ipotesi di strumenti di lavoro per le classi (e non solo per i docenti, questa è la grande novità) che vengono viste come realtà pulsante che si auto costruisce tramite l’apporto di tutti gli attori in campo. Come ogni strumento, anche il digitale – ed il suo utilizzo – va ben calibrato. E la calibrazione è un processo di scambio continuo in cui sensibilità dello strumento e dell’operatore procedono di pari passo.
Sicuramente ci saranno realtà che hanno già adottato altri strumenti o altri sistemi mentre io sto scrivendo questo piccolo “invito alla lettura”, ma per chi naviga nel mare dell’incertezza e necessita di un punto da cui partire l’articolo di Andrea Leonzio può dare significativi spunti di riflessione, soprattutto se si vuole utilizzarlo proprio come base per aprire un work floor con gli studenti per conoscere il loro punto di vista.
Vi lascio con una delle frasi dell’articolo:
“Occorre invece introdurre l’idea di Comunità di apprendimento come realtà sociale che si stabilisce nell’ambiente stesso. Si crea quindi una Comunità di persone che lavorano insieme su un progetto, programmano le loro attività di apprendimento, si supportano a vicenda e apprendono l’una dall’altra, con dinamiche analoghe a quelle con cui apprendono interagendo con l’ambiente fisico circostante”.
Siete pronti a diventare i master game di questa avventura?
Sappiate gestire il flusso, far circolare l’energia e accompagnare tutti a trovare la loro personale calibrazione all’interno di questo mondo affrontando insieme a loro le insidie che potrebbero far capolino.